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La legge definisce i lavoratori svantaggiati come coloro che si trovano in condizioni di difficoltà che ne limitano l’accesso al mercato del lavoro. Per loro sono previste specifiche agevolazioni per favorirne l’inserimento lavorativo.
Il legislatore fa inoltre un’ulteriore distinzione tra lavoratori svantaggiati e lavoratori molto svantaggiati, che possono accedere ad incentivi diversi in base alla categoria di riferimento.
Quando si parla di lavoratori svantaggiati la normativa di riferimento è contenuta nel Decreto ministeriale del 17 ottobre 2017, che specifica chi sono i lavoratori svantaggiati indicando quali condizioni riconoscono l’inserimento in tale categoria.
In sintesi, ecco i requisiti per essere considerati lavoratori svantaggiati:
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- Non avere un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi.
- Avere un’età compresa tra i 15 e i 24 anni.
- Non possedere un diploma di scuola media superiore o professionale (livello ISCED 3) oppure averlo conseguito da non più di due anni senza aver ancora ottenuto un impiego regolare.
- Avere più di 50 anni.
- Essere adulti che vivono soli con una o più persone a carico.
- Essere occupati in settori con un alto tasso di disparità uomo-donna (superiore del 25% rispetto alla media) e appartenere al genere sottorappresentato.
- Appartenere a una minoranza etnica di uno Stato membro dell’UE e avere bisogno di migliorare la propria formazione linguistica, professionale o esperienza lavorativa per aumentare le possibilità di trovare un lavoro stabile.
Lavoratori “molto svantaggiati”: chi sono e come si differenziano
Per essere considerati “lavoratori molto svantaggiati”, è necessario appartenere a una delle seguenti categorie:
- Essere privi di un impiego regolarmente retribuito da almeno 24 mesi.
- Essere privi di un impiego regolarmente retribuito da almeno 12 mesi e appartenere a una delle categorie di lavoratori svantaggiati elencate sopra, dalla lettera b) a g).
